Novara ed il riso

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Il Riso

L'espressione "terre d'acqua" si associa immediatamente all'immagine del paesaggio primaverile della Bassa Novarese: una sterminata piana di rettangoli d'acqua che qui chiamano "il mare a quadretti". Sono le risaie, che ad aprile vengono allagate per favorire la crescita delle piantine, quando saranno emerse, coloreranno di verde brillante la pianura che sarà poi, al finire dell'estate, gialla dorata per le spighe mature. Questo paesaggio è opera dell'uomo, frutto di un lavoro lungo 500 anni, più o meno cinque secoli fa risale infatti l'introduzione del riso nel Novarese.
La storia delle risicoltura in queste terre è anche quella di un duro lavoro e di epiche lotte di braccianti e di mondine che hanno trovato eco in opere cinematografiche come "Riso amaro" con Silvana Mangano, girato nel Vercellese e in quelle letterarie come "In Risaia", romanzo del 1878 della novarese Marchesa Colombi. Infatti nel Novarese, ogni stagione, arrivavano migliaia di donne, dall'Emilia, dal Veneto e dal Bresciano.
A partire dagli anni '50 finisce un'epoca: le macchine e i prodotti chimici sostituiscono i lavori manuali.
Anche oggi che l'incalzante evoluzione tecnologica ha ridotto il numero di persone dedite alla coltura del riso, quest'ultimo continua a caratterizzare il paesaggio della zona per chilometri.

Oryza sativa L. (riso) è una pianta erbacea annuale della famiglia delle Gramineae, di origine asiatica. Insieme alla Oryza glaberrima, dal pericarpo pigmentato rosso coltivata in Africa, è una delle due specie di piante da cui si produce il riso. L' Oryza sativa costituisce la stragrande maggioranza in quanto coltivata su circa il 95% della superficie mondiale di riso.Le origini del riso non sono certe, si ritiene che le varietà più antiche siano comparse oltre quindicimila anni fa lungo le pendici dell'Himalaya.L’unica cosa che sappiamo per certo sulle origini di questo alimento è che è nato in Asia, precisamente in Cina verso VI millennio a.C. . Cibo principale per circa la metà della popolazione mondiale, e viene coltivato in quasi tutti i paesi del mondo

 

                                             

Le origini del riso

Nessuno è mai riuscito a stabilire le origini del riso. Si ritiene che le varietà più antiche siano emerse oltre 12000 anni fa lungo le pendici dell'Himalaya. Vi erano diversi tipi di riso nella valle dello Yangtze, nell'Asia orientale tra il fiume Rosso e il Golfo del Tonchino, tra il fiume Mecong, il Manacei e il Golfo del Sion, dove il riso cresce ancora oggi. Molti testi antichi riportano notizie sul riso. Le prime fonti che ci parlano del riso sono state scritte circa nel sesto secolo a. C., da storici come Teofrasto o Aristibulo. Anche se le descrizioni non sono delle migliori si possono trarre alcune ipotesi sul riso in quel periodo.Per esempio : " La sua forma è simile a quella della spelta, stelo sottile e lungo che si ripiega al peso della pannocchia carica di chicchi". Un luogo molto fertile, che consentiva la coltivazione del riso, era la pianura circondata dai fiumi Tigri ed Eufrate che, durante le piene, si allagava. Anche il Nilo, straripando, lasciava humus sulla terra in modo da renderla fertile e adatta per la coltivazione di questo cereale. Vi è, però,un dubbio su come l'Egitto conobbe il riso, se importandolo o producendolo da locali coltivazioni. ..... Nei tempi antichi, anche se ciò ci sembrerà strano, l'Italia, oggi la maggior coltivatrice non conosceva ancora il riso.. Il fatto strano è che gli agricoltori romani non conoscessero questa coltura, ma che gli scrittori - agronomi ne narrassero. Orazio racconta che il riso era usato come decotto, ma costava molto : per questo pochi potevano permetterselo.. Il riso venne coltivato anche in Palestina, ma su un'estensione limitata a causa dell'habitat non del tutto favorevole.. La coltura del riso era assente dal Nuovo e Vecchio Testamento, mentre nel Rejmer è confermata la sua presenza. Secondo fonti non documentate, i Romani conobbero il riso dopo che la Spagna divenne provincia romana ; infatti in Spagna questo cereale sarebbe giunto con gli scambi che avvenivano tra i Paesi che si affacciavano sul Mar Mediterraneo, in particolare l'Egitto

Fino al 1850 L'unica varietà di riso che veniva coltivata in Italia era il Nostrale. Fu solamente grazie all' audace curiosità di un missionario gesuita, padre Calleri (Missionario nelle lontane Filippine), che nel 1839 portò con se nelle tasche i semi di ben 43 va rietà di riso asiatico. I semi selezionati attecchirono subito e si die de così inizio atta moderna risicoltura.  
Il riso si distingue fondamentalmente i base alla misura e alle dimensioni dei su chicchi: quelli lavorati in Europa, nella Cina del Nord e in Giappone sono corti e tondeggianti, mentre quelli che provengono dal coltivazioni indiane e del Sud-est asiatico sono più stretti e affusolati.  Appartiene a quest'ultimo tipo l'elegante riso Basmati. E' caratterizzato da chicchi allungati e da un piacevole aroma di nocciola che conserva anche dopo la cottura. Cresce i India e ai piedi del Himalaya ed è conosciuto e commerciato in tutto il mondo. 
Il riso glutinoso o colloso, invece, è i vendita solo nei negozi orientali. A dispetto del nome, non è particolarmente ricco di gtutine, quanto di amido; durante cottura perde consistenza e diventa un massa collosa. Sia il glutinoso bianco che la varietà nera vengono per questo motivo utilizzati nella preparazione di dolci e per una specie di porridge, decisamente lontano dai nostri gusti occidentali, con cui gli orientali fanno colazione. 
Una varietà largamente utilizzata in tutto il Sud-est asiatico è il riso Jasmine, bianco e profumato, che si serve come contorno della maggior parte dei piatti orientali. 
Da ricordare il riso Sushi, che, ricoperto di amido di mais e sciroppo, viene appunto usato nella preparazione del sushi giapponese. Tende a diventare colloso con la cottura. 
Sta avendo una grossa diffusione sul mercato il riso parboiled, per la sua caratteristica di non scuocere, di essere resistente alta cottura e per la capacità dei chicchi di rimanere ben sgranati. Grazie a queste sue caratteristiche è indicato nella preparazione di insalate, di piatti freddi e di quelle ricette che richiedono la necessità di conservarlo cotto. 
All'estero il riso viene classificato in base alla lunghezza del chicco - corto, medio e lungo - mentre in Italia la trentina di varietà più diffuse viene divisa in quattro diverse categorie merceologiche: tondo, fino, semifino e superfino. Sono categorie che in nessun modo rappresentano una scala di valori qualitativi.

Riso tondo: ha chicchi piccoli e tondeggianti. Cuoce in 12-13 minuti e durante la cottura tende a rilasciare amido, il che lo rende adatto alla preparazione di minestre in brodo, tirnballi e dolci. le varietà più conosciute sono Auro, il Balilla, il Cripto, retio, Originario, il Pierrot, il Raffaello, il Rubino e il Selenio. 

Riso fino: Ottimo per timballi e supplì, i suoi chicchi sono affusolati e lunghi. Cuoce in 14 minuti ed è molto apprezzato per la sua estrema versatilità in cucina. Le varietà sono l'Ariete, il Cervo, il Drago, l'Europa, il Loto, il Razza 77, URB, il Ribe, il Ringo, il Rizzotto, il Sant'Andrea, lo Smeraldo e il Veneria. 

Riso semifino: i suoi chicchi sono tondeggianti, semiallungati e di media grandezza, la sua buona capacità di rilasciare l'amido fa sì che si presti alta preparazione di minestroni, supplì, timballi e risotti in cui è prevista la mantecatura, nella tipica preparazione 'all'onda'. Cuoce in 13-15 minuti. Tra le varietà si segnalano l'Italico, il Lido, il Maratelli, il Padano, il Romeo, il Rosa Marchetti e il Vialone nano. 

Riso superfino: dai chicchi grandi e molto lunghi, tiene bene la cottura e rilascia pochissimo amido, tanto da lasciare acqua di cottura quasi limpida. Per questo è indicato nella preparazione di insalate e di piatti come la paella, in cui i chicchi debbono rimanere ben sgranati. Tra le sue varietà si contano l'Arborio, il Baldo, il Carnaroli, il Corallo e il Roma

                                                                 Risaie

                   

                                        
                                                                   Risaia a Novara

Le mondine

Le mondine, chiamate anche mondariso, erano lavoratrici stagionali impegnate nelle risaie in occasione del trapianto e della monda del  riso. Con il verbo “mondare” s’intende l’attività di pulire la risaia dalle erbacce (giavone, gramigna, riso crodo, erba cipollina…) che la infestano e impediscono alle pianticelle di riso di crescere. Il lavoro delle mondine iniziò alla fine del settecento per concludersi negli anni Sessanta del Novecento, in concomitanza con l’introduzione di pesticidi e della meccanizzazione del lavoro.
Si trattava di un lavoro faticoso, perciò effettuato da donne di umile estrazione sociale, locali e forestiere, che si trasferivano lontano da casa per circa quaranta giorni per prestare opera nelle risaie del Vercellese, del Novarese, del pavese.
La monda si svolgeva con la schiena curva e con le mani immerse nell’acqua per intere giornate, con l’acqua a volte fino alle ginocchia e con i piedi scalzi affondati nel fango: calze di filanca spesse a protezione di sanguisughe, rane e bisce d’acqua e fazzoletto al collo contro le zanzare, calzoncini o mutandoni per avere movimenti liberi, cappello di paglia (caplina, capela) a larghe tese contro il sole. 
Era compito delle mondine anche il trapianto del riso: toglievano le piantine giovani, seminate fitte fitte nel semenzaio, e le trapiantavano nel fango di un campo prosciugato con le chiuse. I cavallanti, con le slitte tirate dai cavalli, “servivano” le donne gettando loro mazzetti di piantine già pronte per il trapianto. Nelle loro divise multicolori, le mondine lavoravano in squadre sino a cento, centocinquanta sullo stesso fondo, sempre controllate dal padrone, il “siur padron da li beli braghi bianchi”, o dal fittabile.
Le dure condizioni di lavoro, con orario inizialmente anche di dodici ore e paga inferiore a quella degli uomini, generavano il malcontento che sfociò nei tumulti del 1906, con i quali le mondine ottennero, con le famose otto ore, anche l’uso obbligatorio e gratuito del chinino per la prevenzione della malari

 

                   
                                                           

L'intero territorio di Novara ritrova nel riso la più tradizionale delle sue coltivazioni: da oltre 500 anni questo prodotto ha caratterizzato l'economia agricola e il paesaggio di Novara. L'offerta è ricchissima e spazia dai classici e conosciuti risi Arborio, Roma, Sant'Andrea alle tipologie Baldo, Balilla, Vialone Nano, Ribe e Venere, meglio noto quest'ultimo come riso nero.

La più classica delle ricette novaresi a base di riso è sicuramente la Paniscia, un gustoso e nutriente piatto condito con un battuto di lardo, cipolla, salame della duja e cotto in un brodo preparato, secondo le stagioni, con fagioli, carote, sedano, porri, verze e pomodori. Il nome "paniscia" deriverebbe dal fatto che in origine al posto del riso si usava il panìco, cereale di scarso pregio simile al miglio.

Un tempo la "paniscia" era il piatto superlativo, una prelibatezza delle festività e delle grandi occasioni; oggi è invece possibile gustarla nei numerosi ristoranti, agriturismi e trattorie delle colline novaresi accompagnata da un buon bicchiere di vino piemontese.

Questo piatto è tipico del Piemonte, precisamente della città di Novara

Questo piatto era il simbolo dell'alimentazione e della vita dei contadini: non dicevano di lavorare per guadagnarsi "la vita" o "il pane" ma per guadagnarsi "la paniscia", per assicurare ai figli "un piatto di paniscia". Era anche espressione e simbolo di amicizia, dire che due persone "facevano" o "mangiavano assieme la paniscia" equivaleva ad affermare la loro sicura ed indissolubile amicizia.
Della paniscia esiste una ricetta base, ma ogni massaia lo preparava secondo l'abitudine locale ed i gusti dei famigliari.
Il riso non rientrava solo in questa preparazione ma anche in altre specialità, ricordiamo ad esempio il riso con i fagioli o con le rane.
I vecchi adagi ricordano che "il riso si fa aspettare, ma non aspetta" e che "il riso nasce nell'acqua e muore nel vino".

 

 Il riso è una pianta annuale,il ciclo di coltivazione si sviluppa in circa 180 giorni dalla primavera all'autunno.Si inizia con la
 preparazione del terreno,a cui segue l'inondazione e la semina,la monda,per concludersi con la mietitura.Attraverso
 una serie di lavorazioni si trasforma nel chicco che troviamo in tavola.Le fasi sono: essicazione per ridurre l'umidità,
 la sgusciatura o sbramatura per togliere la lolla,primo rivestimento esterno del riso,con la raffinatura o sbiancatura
 si tolgono gli ultimi rivestimenti,la cosiddetta pula,e si separano i chicchi.Ora è pronto per l'uso.

L'intero territorio di Novara ritrova nel riso la più tradizionale delle sue coltivazioni: da oltre 500 anni questo prodotto ha caratterizzato l'economia agricola e il paesaggio di Novara. L'offerta è ricchissima e spazia dai classici e conosciuti risi Arborio, Roma, Sant'Andrea alle tipologie Baldo, Balilla, Vialone Nano, Ribe e Venere, meglio noto quest'ultimo come riso nero.

La più classica delle ricette novaresi a base di riso è sicuramente la Paniscia, un gustoso e nutriente piatto condito con un battuto di lardo, cipolla, salame della duja e cotto in un brodo preparato, secondo le stagioni, con fagioli, carote, sedano, porri, verze e pomodori. Il nome "paniscia" deriverebbe dal fatto che in origine al posto del riso si usava il panìco, cereale di scarso pregio simile al miglio.

Un tempo la "paniscia" era il piatto superlativo, una prelibatezza delle festività e delle grandi occasioni; oggi è invece possibile gustarla nei numerosi ristoranti, agriturismi e trattorie delle colline novaresi accompagnata da un buon bicchiere di vino piemontese.

Questo piatto è tipico del Piemonte, precisamente della città di Novara

Questo piatto era il simbolo dell'alimentazione e della vita dei contadini: non dicevano di lavorare per guadagnarsi "la vita" o "il pane" ma per guadagnarsi "la paniscia", per assicurare ai figli "un piatto di paniscia". Era anche espressione e simbolo di amicizia, dire che due persone "facevano" o "mangiavano assieme la paniscia" equivaleva ad affermare la loro sicura ed indissolubile amicizia.
Della paniscia esiste una ricetta base, ma ogni massaia lo preparava secondo l'abitudine locale ed i gusti dei famigliari.
Il riso non rientrava solo in questa preparazione ma anche in altre specialità, ricordiamo ad esempio il riso con i fagioli o con le rane.
I vecchi adagi ricordano che "il riso si fa aspettare, ma non aspetta" e che "il riso nasce nell'acqua e muore nel vino".

                          
                                                                            Paniscia

 

Ammollare i fagioli per una notte,sgocciolarli e metterli in una casseruola con le cotenne di maiale sbollentate,coprire con acqua,sale e pepe,far cuocere per circa due ore.In  una casseruola d'alta sponda far imbiondire gr.50 di lardo tritato assieme al sedano e alla cipolla finemente tritati,facendo un soffritto a cui aggiungere  la verza tritata finemente,aggiustare di sale e pepe,coprire con acqua lasciar cuocere un po' e quindi unire i fagioli facendo riprendere la cottura fino a formare una zuppa.Rimettere sul fuoco la casseruola in cui vanno messi il rimanente lardo tritato unitamente alla pasta di salame della duja e di fegato tritati,ed una cipolla tagliata sottile,girando finchè siano ben rosolati,unirvi il riso mondato lasciandolo rosolare un poco,quindi versarvi sopra il vino mescolando energicamente fino a farlo assorbire.Riprendere la pentola con i fagioli e le verdure e irrorare il riso con alcune mestolate di zuppa,mescolando ogni volta per mantecare bene il riso con le verdure.continuando ad aggiungerle sino a che il riso non sarà quasi cotto.A questo punto,aggiungere una noce di di burro per mantecare ulteriormente,avendo cura di non farlo asciugare troppo e mantenere una giusta cottura del riso



                                                       

 

                   Angelo Morbelli. In risaia. 1901. Olio su tela. 183x130 cm. Boston,Museum of Fine Arts. 


 
Curiosità

Giappone: "Paddy Art", l'Arte delle Risaie nel villaggio di Inakadate.


Inakadate, dove dal 1993 è stata lanciata "l'Arte delle Risaie", meglio conosciuta come "Paddy Art".

L'originale idea è venuta ad un impiegato del municipio di InakadateKoichi Hanada, al fine di rilanciare il turismo. Qui, nel 1981, erano stati ritrovati resti archeologici di risaie risalenti a 2.000 anni fa. La comunità, tuttavia, attraversava un periodo difficile per via della diminuzione della popolazione, dei minori ricavi dell'agricoltura e del debito pubblico.

La "Paddy Art" o "L'Arte delle Risaie” consiste nel piantare delle varietà di riso diverse, in modo tale da formare parole o creare immagini.

Ad Inakadate le risaie fanno da tela e le piantine di riso ... fungono da vernice e pennello! Le opere sono visibili da una terrazza del municipio ed il visitatore deve lasciare una libera donazione.

                                    

Gordon Ramsay, chef stellato e protagonista dello show di Real Time Cucina con Ramsay, ha spiegato come cuocere il riso in modo perfetto

Per eliminare l’amido in eccesso, passiamo il riso basmati sotto l’acqua fredda. Lo trasferiamo in una pentola, aggiungiamo 3 baccelli di cardamomo, dell’anice stellato, sale e pepe. Aggiungiamo l’acqua: per 400 gr di riso, 600 ml di acqua. Accendiamo il fuoco, portiamo ad ebollizione; quindi abbassiamo il fuoco, copriamo con il coperchio e lasciamo cuocere per 10 minuti. Il riso assorbirà l’acqua. Togliamo il cardamomo e l’anica stellato. Giriamo il riso con la forchetta.

ricetta di Pellegrino Artusi

Risotto alla milanese
Riso, grammi 500.
Burro, grammi 80.
Zafferano, quanto basta a renderlo ben giallo.
Mezza cipolla di mediocre grossezza.
Per la cottura regolatevi.
Per rendere questo risotto più sostanzioso e più grato al gusto occorre il brodo.
Lo zafferano, se in casa avete un mortaio di bronzo, comperatelo in natura, pestatelo fine e scioglietelo in un gocciolo di brodo caldo prima di gettarlo nel riso, che servirete con parmigiano.

Lo zafferano ha un'azione eccitante, stimola l'appetito e promuove la digestione. Questa quantità può bastare per cinque persone.

 

 Links

http://www.geometriefluide.com/pagina.asp?cat=morbelli&prod=inrisaia-morbelli

http://www.100viaggi.it/index.php?/archives/131-Giappone-Paddy-Art,-lArte-delle-Risaie-nel-villaggio-di-Inakadate..html


http://www.jigoku.it/news/2602/hyouka-e-il-riso-nessun-mistero-solo-pubblicita/

 
                                     
                                                             

http://www.ilgiornaledelcibo.it/scuola-di-cucina/articolo.asp?id=894&scheda=Per+un+pugno+di+riso%3A+ti+segnaliamo+un+bel+libro+sul+riso!


http://www.ricetteintv.com/2013/02/17/cucina-con-ramsay-i-consigli-cuocere-il-riso-in-modo-perfetto/


http://www.risotto.it/varieta-di-riso/


 
                                                      

http://it.wikipedia.org/wiki/Oryza_sativa


http://www.illagomaggiore.com/it_IT/home/enogastronomia/riso 

http://www.turismonovara.it/it/saporitradizionielementi?id=2

 

http://www.circolodellapaniscia.com/risottoepaniscia.php


 
                                                        

http://www.trattorieitalia.com/piemonte-prodotti-tipici-novara-provincia/prodotti-piatti-tipici-cucina-novara.htm

 

http://www.irreer.it/riso/storia.html


http://laprovinciapavese.gelocal.it/cronaca/2012/11/07/news/mezzana-bigli-festa-del-riso-coltivato-all-antica-1.5989192

 

http://www.cucinastorica.eu/libri-antichi.html


http://www.e-sco.ch/Giornalone/Proposte/riso/Yasushi2.html


 

                                                  


 


 

 

 

 

 



 

 

 


 










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